La S.S.Matelica è come una seconda famiglia per Emanuele Picchietti che da 13 anni allena in biancorosso e ha vissuto tutto il suo percorso come una crescita personale, vedendo anche man mano cambiare la realtà organizzativa e societaria in tutti questi. Nato a Fiuminata 41 anni fa, Emanuele Picchietti è l’allenatore del primo anno degli Esordienti e il responsabile dell’attività di base del Settore Giovanile della S.S.Matelica, ruolo affidatogli dal responsabile del vivaio Alberto Virgili “con cui – come lui stesso sottolinea – è maturato un rapporto di grande confronto e collaborazione”.
Pcchietti come nasce la scelta di allenare?
“La passione per il calcio nasce fin da piccolo, ma ho iniziato ad allenare nel 2002 a Castelraimondo per aiutare un amico che allenava un gruppo di ragazzi molto numeroso. Dall’anno successivo ho fatto corsi di aggiornamento e preso il patentino Uefa B. Insegnare calcio ai bambini è stato sin da subito un piacere e una gioia così ho deciso di approfondire sempre di più questa passione”.
Su quali valori basi il tuo lavoro, dal momento che sei a contatto anche con bambini che entrano per la prima volta in un campo da calcio?
“Come allenatore ritengo sia molto importante non tralasciare l’aspetto umano dei ragazzi, perché opero in un’età preadolescenziale in cui ogni ambito diventa una sfida per loro e sentirsi accettati è importante per far crescere la loro autostima. Come coordinatore dell’attività di base, mi metto a disposizione di tutti gli allenatori aiutandoli, quando c’è bisogno, sia a livello tecnico che organizzativo. Mi piace essere sempre a loro disposizione in modo che possano trovare un punto di ascolto e se serve un collegamento con Alberto Virgili, il nostro responsabile del settore giovanile. Con gli allenatori si è formato un gruppo di lavoro molto operativo, anche grazie all’aiuto dei dirigenti che si dimostrano sempre molto presenti e disponibili. L’organizzazione che è visibile e tangibile è fondamentale anche per i nostri ragazzi, oltre che per svolgere al meglio il proprio lavoro”.
In cosa consiste l’attività di base?
“Con i ragazzi dell’attività di base l’obiettivo è quello di coniugare l’aspetto educativo con quello tecnico, perché in queste età siamo chiamati a svolgere un’attività ludica dove il ragazzo, oltre ad imparare a giocare a calcio, si deve anche divertire. Si parte dal creare un ambiente rilassato e gioioso, ma questo non significa mancanza di regole e quindi di disciplina: teniamo molto a questi ultimi aspetti”.
Come rispondono i giocatori al lavoro che svolgi, dal momento che non c’è agonismo?
“Per me è importante che loro non percepiscano il concetto di agonismo fino alla categoria degli Esordienti. I ragazzi sono chiamati ad impegnarsi e considerare l’allenamento e la partita come una vera e propria responsabilità, durante la quale devono dare il massimo per sè stessi e per il gruppo e non esclusivamente per ottenere una vittoria in campo. Molto spesso ho vissuto l’esperienza di squadre entusiaste della propria partita anche con un risultato negativo, ed è quello che desidero in maniera particolare trasmettere loro”.
Qual è il rapporto con le famiglie?
“Sono abituato a considerare le famiglie come risorsa per la buona riuscita dell’anno calcistico, prima di tutto perché loro sono i primi a comprendere le esigenze dei figli e il confronto mi aiuta ad avere una relazione mirata con i ragazzi, poi perché chiediamo loro un impegno importante durante l’anno, considerando sia gli allenamenti che le partite. Fondamentale è il rapporto con i dirigenti che fungono da intermediari tra me, la società e i genitori”.
Mister, ha sottolineato tanti aspetti che vanno oltre l’aspetto calcistico. Potete essere considerati anche dgli educatori o solo allenatori?
“Sono contento di rispondere a questa domanda perché è un aspetto che mi sta particolarmente a cuore. Parlando con gli altri allenatori ad agosto ho sottolineato il concetto di alleducatore, ovvero la fusione del ruolo di educatore con quella di allenatore. I due ruoli non possono rpescindere l’uno dall’altro. La figura dell’alleducatore deve essere il pilastro su cui poggia il lavoro delle attività di base perché molto spesso diventiamo un riferimento per i ragazzi e non possiamo tralasciare il processo di crescita del bambino”.